Ipersonnie
L’ipersonnia o eccessiva sonnolenza diurna è una condizione caratterizzata da difficoltà a restare svegli durante il giorno con episodi di addormentamento in momenti e luoghi inappropriati. Ha una frequenza stimata intorno al 10% della popolazione e ha un impatto socio-sanitario rilevante, perchè aumenta il rischio di mortalità e di incidenti traumatici, oltre ad un maggior ricorso ai servizi sanitari e ad una ridotta qualità della vita. Le cause di ipersonnia centrale sono la Narcolessia, l’ipersonnia Idiopatica e la Sindrome di Kleine-Levine. Invece, le forme più frequenti di ipersonnia secondaria sono dovute alla Sindrome da Sonno Insufficiente, a una condizione medica, a farmaci e a disturbi psichiatrici. Esistono diversi questionari per la valutazione dell’eccessiva sonnolenza diurna, tra questi quello di Berlino, uno tra i più utilizzati nel sospetto di apnee notturne, e la scala di Epworth nel sospetto di Narcolessia.
Una trattazione dettagliata dell’argomento si può trovare sul sito dell’Associazione Italiana Medicina del Sonno: http://www.sonnomed.it/wp-content/uploads/2019/07/AIMS-Documento-ESD-ver-1_0_2016-01.pdf
Di seguito viene riportata la scheda della Narcolessia che si può trovare sul sito della Società Italiana di Neurologia: http://www.neuro.it/web/eventi/NEURO/patologia.cfm?p=narcolessia
Epidemiologia
La narcolessia è una rara ipersonnia di origine centrale. Gli studi epidemiologici disponibili, seppure con frequenti limiti imposti dalle metodiche di indagine utilizzata stimano la prevalenza compresa tra i 25 e 50 casi su 100000 abitanti. La malattia può esordire a qualunque età, ma l’esordio più frequente è in età infantile o comunque giovanile, con un picco bifasico in adolescenza e tra i 30-39 anni. La narcolessia presenta un decorso cronico, ma viene per lo più riconosciuta e diagnosticata in genere con grande ritardo stimato in recenti studi mediamente pari a 14-15 anni in casistiche europee e statunitensi. Il grande ritardo diagnostico è considerato possibile causa di una grossolana sottostima della reale prevalenza della malattia, oltre che di un significativo impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti affetti che risultano per lunghi periodi senza adeguata terapia (o addirittura con trattamenti inadeguati causati da misdiagnosi).
Patogenesi
L’eziologia della malattia è considerata complessa e di verosimile origine autoimmune. Dal punto di vista genetico il principale fattore di rischio è la presenza dell’allele HLA-DQB1*0602, ma seppure tale elemento sia estremamente potente solo un portatore su mille di tale gene sviluppa la narcolessia e tale gene è rappresentato in una percentuale variabile tra il 5% ed il 38% della popolazione. Oltre ad altri alleli HLA con impatto sul rischio di sviluppo della malattia, più recenti studi di genetica hanno mostrato un ruolo importante di altre varianti inerenti molecole che interagiscono con il sistema maggiore di istocompatibilità o modulano i processi autoimmuni quali i recettori del T Cell Receptor Alpha e Beta, il Tumor Necrosis Factor Ligand Superfamily Member 4, la pro-catepsina H, il recettore purinergico P2Y 11. In casi straordinari familiari sono state riscontrate rarissime mutazioni considerate causali della malattia.
Fattori ambientali di tipo infettivo sono considerati possibili trigger dello sviluppo della malattia quali la presenza di infezioni delle prime vie aeree, l’influenza da virus H1N1, la vaccinazione con uno specifico vaccino anti influenza H1N1 (Pandemrix), e precedenti infettivi da streptococco pyogenes. L’ipotesi attuale, recentemente avvalorata da studi su processi di immunità cellulo mediata, suggerisce pertanto che un evento trigger infettivo comporti l’attivazione del sistema immunitario determinante poi una aggressione autoimmune sui neuroni ipotalamici producenti orexina/ipocretina. Infatti la malattia sappiamo essere causata dalla scomparsa di tali neuroni nell’ipotalamo dorso laterale, un elemento fisiopatologico che è divenuto di elevata importanza diagnostica essendo l’orexina/ipocretina misurabile direttamente nel liquor cefalorachidiano. Attualmente il deficit liquorale di orexina/ipocretina misurato con tecniche RIA costituisce infatti il marcatore biologico esclusivo della malattia e la narcolessia (di tipo 1) è considerata la sindrome da ipocretino deficienza in vivo.
Sintomi
La narcolessia è caratterizzata da una pentade di sintomi ipnologici a cui possono associarsi una serie di comorbidità mediche. I sintomi inerenti il sonno sono i seguenti: 1) eccessiva sonnolenza diurna con addormentamenti diurni in condizioni inappropriate, per lo più ristoratori ed associati a contenuto onirico, quest’ultima caratteristica intrinsecamente correlata alla rapida emergenza del sonno REM all’addormentamento che risulta essere il marcatore polisonnografico della malattia al test delle latenze multiple dell’addormentamento (MSLT); 2) cataplessia, ovvero episodi di perdita di forza muscolare in veglia con variabile intensità (da una sensazione di debolezza alla paralisi flaccida) e distribuzione (da coinvolgimento focale a generalizzato) che sono evocati da stimoli emotivi, ma in particolare nei pazienti pediatrici o in prossimità dell’esordio dei sintomi possono verificarsi anche senza un trigger (facies cataplettica); 3) paralisi del sonno, ovvero paralisi muscolare propria del sonno REM che si verifica alle transizioni tra veglia e sonno REM (ipnagogiche se all’addormentamento, ipnopompiche se al risveglio); 4) allucinazioni ipnagogiche/ipnopompiche, ovvero commistione di attività onirica all’addormentamento/risveglio determinante fenomeni allucinatori nell’ambiente circostante il paziente; e 5) sonno notturno disturbato dalla presenza di frequenti e protratti risvegli o da concomitanti disturbi motori in sonno quali ad esempio disturbo comportamentale in sonno REM o i movimenti periodici degli arti in sonno. Alla sintomatologia ipnologica si associano spesso comorbidità endocrino-metaboliche (in età adulta obesità, alterazione del controllo glicemico e lipidico; in età infantile obesità ed alterazione dello sviluppo puberale con frequente riscontro di pubertà precoce), cardiovascolari (profilo non-dipper del ritmo della pressione arteriosa), psicologico/psichiatriche (disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi del comportamento alimentare, disturbi dell’ideazione), che in recenti studi sembrano associarsi ad un incremento di mortalità.
Terapia
Seppure siano state segnalati tentativi terapeutici con principi attivi sul sistema immunitario (cortisone, immunoglobuline endovena), attualmente non esiste una cura di provata efficacia per la narcolessia.
Sono disponibili tuttavia numerosi approcci con efficacia sui sintomi della malattia. In primo luogo esistono approcci comportamentali basati sull’igiene del sonno, sui pisolini programmati e sull’attività fisica. Inoltre sono disponibili diversi principi attivi con effetto stimolante, in Italia in particolare sono commercializzati il modafinil (Provigil) ed il pitolisant (Wakix), il primo con effetto dopaminergico ed il secondo con effetto istaminergico. Da segnalare che il pitolisant ha dimostrato efficacia sia sulla eccessiva sonnolenza diurna che sulla cataplessia. Un secondo approccio registrato per la cataplessia è il sodio ossibato (Xyrem), uno sciroppo a base di sale sodico di gamma-idrossibutirrato che si assume di notte; inducendo un sonno ad onde lente risulta efficace su sonnolenza diurna e cataplessia. In Italia il farmaco è registrato per la narcolessia con cataplessia. Infine, seppure off-label, numerosi antidepressivi hanno un potente effetto anticataplettico (e.g. venlafaxina), seppure risentano di un effetto rimbalzo alla sospensione (con possibile induzione di stato cataplettico).